“La malattia mi ha distrutta”. Il dramma della splendida e amata attrice italiana

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E’ stata una delle attrici italiane più apprezzate dal pubblico Isabella Ferrari che ha saputo regalare un mix di classe, eleganza e sensualità nel corso della sua carriera. Il successo è stato sempre accompagnato da una vita passata sotto i riflettori dei paparazzi, ma quello che nessuno sa, visto che la diretta interessata non ne aveva mai parlato fino ad ora, è la malattia di cui soffre da alcuni anni.

L’attrice ne ha parlato per la prima volta in un’intervista rilasciata a Io Donna del Corriere della sera e Isabella racconta il difficile periodo vissuto e la paura di non farcela: “Una mattina mi sono svegliata e non sentivo più le gambe. E lì è iniziato un percorso di paura, dolore, impegno per cercare una diagnosi. E di speranza che non si trattasse di un male mortale. Qualche anno fa era mortale. Oggi, si guarisce. Ma all’inizio, non si capiva che cosa avessi. Si tratta di una malattia rara, di cui non dirò il nome per evitare che le persone vadano su Internet a cercarla. Io l’ho fatto ed è servito solo a darmi più angoscia. Le informazioni sul web non sono mai aggiornate”.

L’attrice non ha voluto dire il nome della malattia che rimane avvolta dunque nel mistero. Ma ha voluto parlare del suo calvario.

“Ho sentito la fragilità e insieme la forza di affrontare la malattia. La paura l’ho vissuta attraverso gli occhi degli amici, di mio marito, dei miei tre figli. La forza, invece, era lì. Ho portato avanti la vita, impegnandomi a esserci in casa, coi figli, a sorvegliare cosa mangiavano. Il fare non mi ha fatto pensare” – ha detto prima di ritornare con la mente al periodo più difficile, quando pochi mesi fa salì sul palco di Telethon sebbene malferma sulle gambe. All’epoca, però, sentiva di doversi sottoporre a tale prova: “So quale è il momento in cui sono stata più coraggiosa. Ero traballante sulle gambe, ma senza dire nulla, sono andata a Telethon su Raiuno, per raccogliere fondi per la ricerca. Io prima faccio, poi penso. E dopo, pensandoci, mi sono fatta tenerezza. Avevo sentito di dovermi spendere per una buona causa e anche ora è solo per chiedere sostegno alla ricerca che racconto cosa ho passato. Perché, all’inizio, ho cercato i grandi nomi senza trovare una cura, poi la terapia era nell’ospedale sotto casa”.